CANADA: le cause di un’ondata di caldo storica
Meteorologia
CANADA: le cause di un’ondata di caldo storica Meteorologia

In questo approfondimento andremo a spiegare le cause meteorologiche dietro la più intensa ondata di caldo mai documentata in Canada, successivamente ci soffermeremo sul collegamento tra questo evento e i cambiamenti climatici.  


Prima parte: meteo

Tra il 25 e il 30 giugno 2021 il nord ovest degli Stati Uniti e il Canada occidentale sono stati interessati da un’eccezionale ondata di caldo. Oltre a battere numerosi di record assoluti di temperatura, l’ondata di calore ha provocato vasti incendi e numerose vittime. Il picco termico è stato raggiunto in località Lytton (BC), una piccola cittadina di fondovalle posta in un’area montagnosa a circa 200 km da Vancouver; qui la temperatura massima ha raggiunto i 49.6 °C, un valore che non solo rappresenta la più alta temperatura mai registrata in Canada, ma anche la più alta a livello globale oltre il 45°N/S. Nonostante Lytton sia una località notoriamente molto calda in estate, la massima registrata il 29 giugno è da considerarsi un outlier statistico. L’elenco di record è, come accennato, molto lungo con decine di valori fuori scala, tra questi citiamo i 47.3 °C di Kamploos (BC), i 42.7 °C di Port Alberni (BC) e i 39.8 °C della capitale Victoria (costiera). Altrettanto eccezionali le temperature registrate nel nord dello stato di Alberta e nei territori periartici del Nordovest (tra i 55 e i 60°N): Grande Prairie 41.1 °C, Jasper 40.8 °C, Fort Smith 39.9 °C. Negli USA nord occidentali raggiunti 47 °C a Portland (Oregon, precedente record assoluto 42 °C), 42 °C a Seattle (Washington) e 46 °C a Lewiston (Idaho). A quota 3000 metri d’altezza, sul Monte Rainier, il 27 giugno toccati i 23 °C.

Anomalia di temperatura del 27 giugno in Nord America (weather.com) 

Vediamo adesso quali sono state le cause meteorologiche che hanno generato quanto descritto. La prima domanda che viene posta è: da dove è arrivata quell’aria torrida? Dal Messico? Dagli Stati Uniti meridionali? Nulla di tutto questo, il caldo si è intensificato a seguito dell’ingresso di masse d’aria calda di origine oceanica; può sembrare paradossale ma non lo è. Negli ultimi anni si è andato consolidando un marcato gradiente termico delle acque superficiali tra la parte centro-occidentale e sud-orientale del Nord Pacifico, la prima più calda e la seconda più fredda (immagine 1, relativa al 30 giugno 2021). 

 

Questa differenza di temperatura (e di conseguenza di pressione) è stata ulteriormente intensificata dalla presenza della NINA durante l’ultima stagione invernale. Il gradiente termico e di pressione ha dato vita a venti che hanno trasportato, alle medie quote, masse d’aria calda di origine tropicale oceanica dal settore occidentale verso quello orientale. Queste correnti, una volta giunte in prossimità delle coste meridionali degli Stati Uniti, sono state “prese in carico” dalla corrente a getto che le ha trasportate verso il Canada occidentale. Il ramo ascendente del getto si trovava in quella posizione a causa della presenza di un pattern meteorologico conosciuto col nome di “omega”, altro elemento fondamentale per la genesi dell’heat dome.

Una configurazione a omega prevede la presenza di due basse pressioni divise tra loro da un promontorio anticiclonico. In questo caso avevamo una profonda depressione sul Pacifico nord orientale e un’altra tra Canda orientale e Stati Uniti centrali, tra le due l’anticiclone di blocco (immagine).

 

 

L’aria di origine tropicale oceanica, sospinta dal getto verso nord, è rimasta letteralmente intrappolata all’interno del promontorio anticiclonico, scaldandosi rapidamente a causa della compressione e dell’intenso soleggiamento. La configurazione a omega, nota anche in altri parti del Nord Emisfero (Europa compresa) si caratterizza per avere un’evoluzione estremamente lenta. Così, col passare dei giorni, la massa d’aria ha perso la sua umidità diventando torrida e favorendo il raggiungimento di temperature eccezionali a tutte le quote. Ai picchi di calore hanno contributo anche fattori locali, come venti di caduta dalle Cascade Mountains. 

Seconda parte: clima

Le heat dome, e in generale le grandi ondate di calore, sono eventi già osservati in passato in Nord America, come nel resto del mondo. L’ultimo episodio, come ampiamente riportato, ha letteralmente cancellato decine di record storici di temperatura, molti dei quali risalivano agli anni ’30. Quindi, a livello di configurazione meteorologica, ciò che è accaduto è qualcosa di noto, già osservato e sinotticamente spiegabile. Quello che invece “sfugge” alla normale occorrenza di questi tipi di evento è l’intensità: si stima che una heat dome come quella osservata in questi giorni avvenga una volta ogni 1000 anni (addirittura una ogni 10000 anni per quanto riguarda questa specifica area del Canada). La forza di questi promontori si misura attraverso il loro spessore, più questo è ampio, più forte sarà la compressione e più intenso il calore sviluppato. Nel caso specifico lo spessore è risultato 4,4 deviazioni standard oltre la distribuzione normale, vale a dire che è al di fuori del 99,99% dei valori attesi (immagine sx). Ne sono prova i record termici osservati in numerose località, molti dei quali hanno battuto, per più giorni consecutivi, i precedenti picchi storici anche di 6-7 °C. Il grafico relativo a Portland ne è un esempio (immagine dx). 

 

Lo scorso anno, in Siberia, i primi 6 mesi dell’anno sono stati talmente caldi da essere oggetto di uno studio del WMO; in quel caso di tempi di ritorno si attestano intorno agli 80000 anni (vedi news). Abbiamo osservato, a distanza di un anno tra loro, due eventi di portata eccezionale con tempi di ritorno millenari. A questi dovremmo sommare le centinaia di record storici di caldo registrati negli ultimi 20 anni in quasi tutto il pianeta e in particolar modo nel nord emisfero (basti ricordare, tra tutti, i 42.6 °C di Parigi osservati nel 2019). Oltre, ovviamente, agli effetti indiretti dell’aumento delle temperature che si manifestano in maniera spettacolare, ad esempio, nel ritiro dei ghiacciai montani e nella riduzione della banchisa artica (-52% nel mese di settembre rispetto al 1979). Tutti elementi che portano a ritenere l’evento canadese (limitatamente alla sua intensità) un'ennesima conseguenza del riscaldamento globale.